Diventare subacqueo significa scoprire un mondo fino a quel momento "alieno". Tutto ciò che si vede e con cui si viene in contatto in mare è nuovo, tutto ci sorprende, ogni forma di vita, vegetale o animale è una novità. Espressioni come "occhi da triglia", o "stupido come un pesce", vi sembreranno completamente assurde: la triglia è vispa e simpaticissima e i pesci sono vivaci, intelligenti, curiosi, spesso anche sorprendentemente socievoli. In questa sezione troverai foto e notizie per conoscere un po' questo meraviglioso mondo sommerso, sui sorprendenti incontri che si possono fare nel "blu"...
C'è qualcosa di magico nel bisso marino, forse la storia millenaria che lo accompagna, «seta del mare» già dal tempo dei faraoni, tessuto prezioso che vestiva papi e imperatori; forse lo stupore per l'ingegno di chi - migliaia di anni fa - ebbe l'intuizione di quanto fosse pregiato e di come avrebbe potuto essere impiegato; o - ancora - la sua origine, decisamente inconsueta. E poi il fatto che proprio qui, in Mediterraneo, viva oggi una vera e propria "sacerdotessa" di quest'arte - Chiara Vigo - che a Sant'Antioco, in Sardegna, ha dedicato la propria esistenza alla filatura di questo prezioso regalo del mare e la cui arte è stata dichiarata dall'UNESCO Patrimonio immateriale dell'umanità. © Massimiliano Francia. Tutti i diritti riservati. Riproduzione vietata salvo autorizzazione. C'è qualcosa di magico nel bisso marino, forse la storia millenaria che lo accompagna, «seta del mare» già dal tempo dei faraoni, tessuto prezioso che vestiva papi e imperatori; forse lo stupore per l'ingegno di chi - migliaia di anni fa - ebbe l'intuizione di quanto fosse pregiato e di come avrebbe potuto essere impiegato; o - ancora - la sua origine, decisamente inconsueta. E poi il fatto che proprio qui, in Mediterraneo, viva oggi una vera e propria "sacerdotessa" di quest'arte - Chiara Vigo - che a Sant'Antioco, in Sardegna, ha dedicato la propria esistenza alla filatura di questo prezioso regalo del mare e la cui arte è stata dichiarata dall'UNESCO Patrimonio immateriale dell'umanità. Filamenti cheratinosi che si induriscono a contatto con l'acqua Il bisso è costituito da filamenti prodotti da molluschi e in particolare dal più grande bivalve de mediterraneo, la Pinna nobilis. Grandi conchiglie, che crescono fino a un metro e mezzo di altezza, madreperlacee dentro e ruvide e incrostate della vita infinita del mare all'esterno. Posseggono una ghiandola setacea che secerne una bava contenente cheratina che, a contatto con l’acqua, si solidifica formando quella che potrebbe sembrare una sorta di radice con cui, peraltro, la Pinna Nobilis si ancora al fondale. Sembra anche una barba grezza e incolta, con la quale pare che il mollusco si difenda dai polpi. Ma una volta lavorata e sbiondata diventa bisso, splendente come oro, soffice e forte. Oggi è una specie protetta, ma un tempo veniva mangiato come una bistecca Considerato il più grande bivalve del Mediterraneo, nel 1992 le "nacchere" sono state dichiarate in via di estinzione e messe sotto tutela: non solo chi le pesca con qualsiasi mezzo, ma anche chi ne possiede esemplari rischia una multa o l'arresto. Grazie alle politiche di protezione è dunque tornato nuovamente a popolare i fondali, anche se ora è minacciato di un parassita che ne sta causando una preoccupante moria (leggi qui). Il mollusco che vive in questi grandi bivalvi pare che un tempo fosse fritto e consumato al pari di una cotoletta. Del resto arriva a pesare fino a un chilogrammo. Oggi, in tempi di acque inquinate (divieti a parte!) cibarsi di animali filtratori non sarebbe probabilmente la cosa più salutare. Pare poi che la Pinna produca piccole perle colorate. Come si produce la seta del mare Chiara Vigo - spiega sul suo sito - utilizza solo gli ultimi 5 centimetri dei circa 40 di bioccolo che ciascun esemplare adulto di Pinna Nobilis produce: 300 grammi di fibra grezza una volta cardata (pettinata con un cardo a spilli, così da togliere le impurità) e dissalata, si riduce a 30 grammi di bisso che danno 12 metri di “seta del mare”. Ma il processo di lavorazione è molto lungo: il bioccolo deve rimanere per 25 giorni in acqua dolce, cambiando l’acqua ogni 3 ore, poi si bagna con succo di limone per sbiondarlo, lo si passa in un mix segreto di 15 alghe che lo rende elastico e si ritorce con un fuso di ginepro (la torsione deve essere a S per il ricamo, a Z per la tessitura con le unghie nel lino). Il bisso marino non si deteriora, non viene attaccato dagli insetti, ha un’ottima capacità di coibentazione ed è più sottile di un capello, ma mille volte più resistente. Nei secoli il bisso marino ha sempre rappresentato uno status symbol: di vesti in seta del mare si coprivano sacerdoti e re, e nelle occasioni speciali veniva tinto di rosso. Chiara Vigo conosce i segreti della tintura naturale per ogni tipo di tessuto ed è in grado di riprodurre il bisso citato dalla Bibbia: porpora, viola, scarlatto e oro. «l porpora in particolare - spiega la stessa Chiara Vigo - ha una lavorazione lunga e difficile: ci vogliono 28 giorni e 2 lune poiché la conchiglia usata per tingere deve rilasciare la bava sul sale e bisogna rispettare i suoi tempi». Una lavorazione che il «Maestro di bisso» effettua con foglie, radici, cortecce «senza uccidere gli animali e senza inquinare». Taranto e la Sardegna, i centri del bisso La Sardegna e Taranto, in Puglia, sono stati fino alla metà del 20 secolo, i centri di lavorazione del bisso marino. Un documento del CNR datato "Taranto, 4 gennaio 1941" viene espresso parere favorevole sulla proposta presentata dalla professoressa Rita Del Bene circa un innovativo sistema di preparazione e filatura del bisso marino. Luoghi che restano importanti anche oggi, allo scopo di trasmettere la conoscenza di questo antico mestiere alle nuove generazioni come elemento indentitario e culturale, non certo come attività professionale. La mostra di Basilea A Basilea nel 2004 fu dedicata una mostra dal titolo "Bisso marino. Fili d'oro dal fondo del mare", di cui è stato pubblicato un catalogo bilingue (tedesco-italiano). Come mostra itinerante è stata riproposta nel 2006 a Taranto e Lecce (Puglia). Nel 2008/2009 è stata a Lugano, in collaborazione con il Museo cantonale di storia naturale. «Nel XIX secolo i prodotti in bisso non potevano mancare alle più prestigiose esposizioni commerciali - come le esposizioni universali di Parigi, di Londra di Vienna - dove venivano venditi a prezzi elevatissimi - scrive Filippo Rampazzi, direttore del Museo cantonale di storia naturale di Lugano - e dove un tessuto in bisso marino poteva costare 100 volte tanto quanto un tessuto in lana. Per ottenere 1 kg di bisso grezzo e produrre così 200-300 grammi di seta di bisso marino, occorrono infatti fino a 1'000 conchiglie: è quindi facile capire perché questo materiale sia sempre rimasto un prodotto di lusso. La produzione è andata definitivamente scemando all'inizio del 20° secolo. Un po' per la raccolta difficoltosa, il ricavato scarso e il processo di lavorazione lungo e impegnativo, un po' per la concorrenza della seta (che poteva venir prodotta in grandi quantità a partire dall'allevamento dei bachi), un po' per l'avvento dei nuovi materiali sintetici, in particolare il nylon, dopo la Seconda guerra mondiale quasi nessuno parla più di bisso marino». A seguire una serie di video realizzati sul «maestro di bisso» Chiara Vigo.
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Conoscere significa...Conoscere significa apprezzare maggiormente gli straordinari incontri e le forme di vita con cui si viene a contatto sott'acqua, in questa specie di pianeta "alieno" che è il mare. Archivi
Giugno 2019
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